Alle cinque e mezza del mattino il gatto Manne decise di svegliare Sven-Erik Stålnacke. Si mise a passeggiargli avanti e indietro sul corpo addormentato, emettendo di tanto in tanto uno struggente miagolio. Quando vide che
non serviva a niente, passò al viso e gli posò una zampa sulla guancia. Ma Sven-Erik dormiva profondamente. Manne allora spostò la zampa all’attaccatura dei capelli, tirando fuori le unghie quel tanto che bastava per raschiare delicatamente lo scalpo al suo padrone. Sven-Erik aprì immediatamente gli occhi e si liberò dagli artigli del gatto. Poi lo accarezzò amorevolmente sulla schiena tigrata.
«Buongiorno, gattaccio» disse di buon umore. «Dici che è ora di alzarsi?»
Manne miagolò a conferma e saltò giù dal letto per poi sparire attraverso la porta della camera. Sven-Erik lo sentì correre verso la porta d’ingresso, dove si fermò a miagolare.
«Vengo, vengo.»